Annapurna by Ed Viesturs & David Roberts

Annapurna by Ed Viesturs & David Roberts

autore:Ed Viesturs & David Roberts [Viesturs, Ed & Roberts, David]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2024-09-15T00:00:00+00:00


Avevo quasi deciso di mettere la cresta est nel cassetto delle «cose da archiviare e dimenticare», quando m’imbattei in uno scalatore francese di nome Christian Trommsdorff in un piccolo villaggio tibetano. Era il 2001, ed ero in viaggio per lo Shishapangma. Christian era stato su quella cresta l’anno precedente e, sebbene avesse fallito, era convinto che fosse l’unica via sicura su tutta la montagna, per quanto incredibilmente lunga ed esposta a venti forti. Veikka e io rileggemmo la cronaca di Messner, studiammo tutte le fotografie che riuscimmo a trovare, e decidemmo di organizzare una spedizione per la primavera del 2002.

Nel mio libro In vetta senza scorciatoie ho raccontato dettagliatamente la mia seconda esperienza sull’Annapurna. Pure, ancora una volta, a cinque anni di distanza, dopo aver riletto il mio diario, scopro una nuova consapevolezza su quanto accadde quella primavera.

Alla fiera Outdoor Retailer di Salt Lake City, nell’estate del 2001, accennai dei miei progetti a Bruce Franks, general manager della ditta italiana Asolo, uno dei miei sponsor. Bruce mi parlò di un altro atleta sponsorizzato dalla società, il francese Jean-Christophe Lafaille, che aveva idee simili sull’Annapurna, e che come me cercava compagni. Ci presentò via e-mail, e con lo stesso mezzo – che non avevo mai utilizzato prima, e che paragonai a un corteggiamento via computer – Veikka e io decidemmo di fare squadra con un alpinista che non avevamo mai incontrato di persona. Ebbene, J.-C. si sarebbe rivelato uno dei partner migliori di tutta la mia carriera.

Al campo base trovammo un team composto da quattro alpinisti baschi, che puntavano come noi a scalare la cresta est. Decidemmo di unire le forze, ma alla fine solo uno dei quattro, Alberto Iñurrategi, sarebbe arrivato in alto. Anche Alberto si rivelò un compagno ideale, e insieme a J.-C. aprì molti dei tratti più duri. E questo nonostante l’impasse linguistica: io, Veikka e i baschi non sapevamo il francese, Alberto e J.-C. conoscevano solo poche parole di inglese. Riuscivo a comunicare con J.-C. parlando molto lentamente e usando frasi semplici, mentre io comprendevo quasi tutto quello che diceva. Ma per Veikka, finlandese, l’inglese era solo la seconda lingua e, quando sentiva quello francesizzato del nostro compagno, si voltava verso di me e mi chiedeva di tradurre. E spesso dovevo fare da interprete anche per J.-C.

Alberto aveva già scalato tredici ottomila. Se fosse giunto in vetta all’Annapurna, sarebbe diventato il decimo uomo a «chiudere il cerchio», e il quarto senza ossigeno. (Sergio Martini, che sul Kangchenjunga aveva fatto dietrofront, lasciando proseguire Loretan e Troillet, si era aggiudicato il settimo posto nel 2000.) Ma la cosa più toccante era la sua intenzione di dedicare l’ascensione – in caso di successo – al fratello Felix, morto sul Gasherbrum II nel 2000. Avrebbe portato con sé la sua piccozza da ghiaccio.

Le sue motivazioni erano notevoli. Per J.-C., invece, la montagna era diventata un’ossessione. Un termine che usava senza alcuna difficoltà.

Nel 1992, a ventisette anni, aveva partecipato alla sua prima spedizione himalayana; unico compagno era il suo miglior amico alpinista, nonché mentore, Pierre Béghin, quattordici anni più anziano di lui.



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